Ma di che Gender stiamo parlando?

gender_sociology

 

della Dott.ssa Valentina Mossa – Psicologa clinica

L’Educazione Sessuale e Affettiva a scuola, i nostri bambini e l’inesistente Teoria del Gender.

Il primo passo per difendere i bambini e i loro diritti è CAPIRE:

“Nelle nostre scuole a differenza di quanto si è fatto in altri Paesi, non c’è mai stata una vera e propria educazione sessuale e anche per questo l’Italia è arretrata rispetto alla considerazione delle categorie di sesso e genere. Eppure, educare i genitori e dare informazioni corrette agli insegnanti affinché parlino in modo ragionato, e non dogmatico, di sesso, orientamento sessuale, identità e ruoli di genere, a figli e scolari è molto importante perché sono concetti determinanti per comprendere meglio la nostra identità personale. E per essere cittadini occorre sapere chi si è”.

L’educazione sessuale non insegna il SESSO ma la SESSUALITA’ e l’identità sessuale.

Le componenti dell’identità sessuale sono:

1) Sesso biologico, ossia le caratteristiche biologiche e anatomiche (il pene, la vagina) che si hanno alla nascita;

2) Genere, vale a dire la categoria sociale che definisce il genere maschile e il genere femminile;

3) Identità di genere, se e in che misura ci si percepisce, ci si sente uomini se nati uomini e donne se nate donne;

4) Ruolo di genere, cioè l’insieme delle aspettative che la società ha sui comportamenti e sugli atteggiamenti che uomini e donne dovrebbero avere per via del loro sesso biologico;

5) Orientamento sessuale: attrazione fisica ed emotiva verso persone dello stesso sesso e/o di sesso opposto.

L’identità di genere degli individui NON è determinata dal sesso biologico. Si può essere nati biologicamente maschi, ma avere un’identità femminile (e viceversa) Ad essere influenzati dalla società sono i ruoli di genere che, non a caso, mutano nel corso del tempo e variano a seconda del contesto culturale, religioso e politico in cui ci si trova. Si pensi al ruolo delle donne e degli uomini nella società: dalle prime, in passato, ci si aspettava una dedizione totale e totalizzante nei confronti dei figli e delle faccende domestiche; i secondi, al contrario, dovevano occuparsi della carriera, del lavoro. Oggi, questa distinzione si è assottigliata.

In sintesi, gli studi di genere non negano l’esistenza di un sesso biologico assegnato alla nascita, né che in quanto tale influenzi gran parte della nostra vita, sottolineano però che il sesso da solo non basta a definire quello che siamo.

Esistono degli studi scientifici sul Genere. Non sono nati oggi, ma negli anni ‘70 e ‘80 dalla cultura femminista e costituiscono un campo di indagine interdisciplinare che si interroga sul genere e sul modo in cui la società, nel tempo, ha interpretato e alimentato le differenze tra il maschile e il femminile, legittimando la disparità tra uomini e donne.

“Oggi si assiste all’organizzazione di iniziative e mobilitazioni che, su scala locale e nazionale, tendono a etichettare gli interventi di educazione alle differenze di genere e di orientamento sessuale nelle scuole italiane come pretesti per la divulgazione di una cosiddetta <<ideologia del gender>>. L’AIP ( Associazione Italiana di Psicologia) ritiene opportuno intervenire per rasserenare il dibattito nazionale sui temi della diffusione degli studi di genere e orientamento sessuale nelle scuole italiane e per chiarire l’inconsistenza scientifica del concetto di <<ideologia del gender>>. Esistono, al contrario, studi scientifici di genere, meglio noti come Gender Studies che, insieme ai Gay and Lesbian Studies, hanno contribuito in modo significativo alla conoscenza di tematiche di grande rilievo per molti campi disciplinari (dalla medicina alla psicologia, all’economia, alla giurisprudenza, alle scienze sociali) e alla riduzione, a livello individuale e sociale, dei pregiudizi e delle discriminazioni basati sul genere e l’orientamento sessuale. Le evidenze empiriche raggiunte da questi studi mostrano che il sessismo, l’omofobia, il pregiudizio e gli stereotipi di genere sono appresi sin dai primi anni di vita e sono trasmessi attraverso la socializzazione, le pratiche educative, il linguaggio, la comunicazione mediatica, le norme sociali.

Il contributo scientifico di questi studi si affianca a quanto già riconosciuto, da ormai più di quarant’anni, da tutte le associazioni internazionali, scientifiche e professionali, che promuovono la salute mentale (tra queste, l’American Psychological Association, l’American Psychiatric Association, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ecc.), le quali, derubricando l’omosessualità dal novero delle malattie, hanno ribadito una concezione dell’omosessualità come variante normale non patologica della sessualità umana.”

Cosa sarebbe dunque la fantomatica “ideologia gender”?

“Genitori allarmati temono che i figli possano ricevere insegnamenti in grado di distorcere le loro menti. Che ci siano corsi obbligatori di masturbazione nelle scuole (!) imposti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (!!). Va detto a chiare lettere che la teoria del gender non esiste, è un’invenzione, una bufala non supportata da nulla di scientificamente valido nelle discipline psicosociali”3 che diventa “epidemia quando genera allarmismi e psicosi. Educare al genere e alla differenza sembra essere l’unica strada percorribile per combattere le discriminazioni di genere e superare gli stereotipi e lasciare ad ogni essere umano la libertà di essere chi vuole essere e di vedersi riconosciuto come persona.”

Cosa avverrà nelle ore di educazione sessuale a scuola?

“Nelle scuole dove sono attivi corsi di educazione emotiva, affettiva e sessuale, non si insegna ai maschi come travestirsi da femmine, né si spingono le bambine a diventare lesbiche. Becere accuse, squallide insinuazioni e false notizie che hanno coinvolto, per esempio, poco tempo fa il kit ludico-didattico il Gioco del rispetto a Trieste. Sono corsi che partono invece da un’idea molto meno paurosa, e molto più vera: che le persone possono nascere bionde, mancine, eterosessuali come omosessuali.”

Tutti i bambini e i ragazzi hanno diritto ad accedere all’educazione sessuale adeguata alla loro età. Il materiale e i contenuti sono stati organizzati a seconda delle diverse fasce di età e delle corrispondenti fasi evolutive. Questo tipo di attività NON influisce necessariamente su chi saranno da grandi, né sul loro orientamento affettivo-sessuale, né sulla loro identità di genere.

“Noi adulti abbiamo l’obbligo di educare alla sessualità i più piccoli per aiutarli a vivere in sicurezza e a tutelarsi. Impariamo a chiamare le “cose del sesso” col proprio nome, con tranquillità, normalità e semplicità, per costruire una relazione orientata al dialogo. Un dialogo che insegni anche che il sesso biologico da solo non basta a definire chi siamo. È risaputo che la nostra identità è una realtà complessa, composta dalle categorie di sesso, genere, ruolo di genere e orientamento sessuale.”

Nessuno “insegnerà” la masturbazione e la pornografia ai bambini. L’obiettivo è spiegare il normale funzionamento del loro corpo e insegnargli ad esprimere le proprie sensazioni di benessere o disagio. “Come puntualizza anche il medico e psicoterapeuta Alberto Pellai il documento, segnalato come orrore da cui fuggire, non richiede di insegnare la masturbazione ma informa l’adulto, che lavora con i bambini, che l’autoerotismo esiste. Perchè i bambini sono curiosi (meno male) e si toccano, toccano, cercano informazioni. Un semplice e secco “non si fa!” non può essere la sola voce che si alza in risposta alla naturale ricerca di significati dei bambini. Si vuole aiutare il genitore/educatore ad aiutare il bambino nella scoperta della sessualità, non certo spingere il minore a pratiche precoci senza rispetto delle sue tappe di crescita.”

“Il documento dell’OMS nella prima parte tratta tutto il tema dello sviluppo sessuale del bambino, del bisogno di contatto e della ricerca del piacere che non è ovviamente ricerca sessuale, come potrebbe intenderla un adulto, prosegue spiegandoci l’importanza di una educazione sessuale formale nel bambino e come questa, se organizzata correttamente, possa portare grandi benefici allo sviluppo affetto dei bambini. Nella seconda parte propone delle tabelle suddivise per fascia di età (0-4 anni, 4-6 anni, 6-9 anni, 9-12 anni, 12-15 anni, e dai 15 anni in su) con gli argomenti idonei a quel periodo dello sviluppo, suddivisi per tematiche generali: “Il corpo umano e lo sviluppo”, “Fertilità e riproduzione”, “Sessualità”, “Emozioni/affetti”, “Relazioni e stili di vita”, “Sessualità, salute e benessere”, “Sessualità e diritti” e “Influenze sociali”.

“Nel presente documento si è scelto intenzionalmente di sostenere un approccio in cui l’educazione sessuale abbia inizio fin dalla nascita. A partire dalla nascita i neonati apprendono il valore e il piacere del contatto fisico, del calore umano e dell’intimità. Ben presto imparano cosa è “pulito” e cosa è “sporco” e in seguito imparano la differenza tra maschi e femmine e tra persone amiche e sconosciuti. L’essenza del discorso è che a partire dalla nascita i genitori in particolare mandano ai bambini messaggi inerenti il corpo e l’intimità. Detto in altri termini, stanno facendo educazione sessuale.”

Educare al genere significa sostenere la crescita psicologica, fisica, sessuale e relazionale, affinché i bambini e le bambine di oggi possano progettare il proprio futuro al di là delle aspettative sulla mascolinità e la femminilità.

La scuola può e deve avere un ruolo fondamentale per scalfire gli stereotipi di genere, ancora fin troppo radicati nella nostra società , offrendo a studenti e studentesse gli strumenti utili e necessari per diventare gli uomini e le donne che desiderano.

Leggi tutto |QUI

Fonte |valentinamossa.com