Imam e omosessuale, la via di Mohamed

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Imam senza frontiere per gli uni, apostata omosessuale per gli altri.

Il percorso dell’imam franco-algerino Ludovic-Mohamed Zahed è irto di pericoli. Dopo un travagliato periplo spirituale – dall’Algeria alla Francia passando per il Tibet – Ludovic-Mohamed Zahed sceglie di seguire la sua vocazione senza però rinnegare la propria omosessualità. Nel 2010 crea l’associazione Omosessuali Musulmani di Francia (HM2F) e due anni più tardi fonda a Parigi una moschea inclusiva, aperta a qualsiasi razza e sesso. In Svezia celebra il matrimonio tra due iraniane, unione che gli vale la fatwa dei salafiti che chiedono che gli venga ritirata la nazionalità algerina. Oggi Ludovic-Mohamed Zahed ci racconta un altro Islam.

Com’è nata la sua vocazione?

«Sin da piccolo ero affascinato dalla spiritualità islamica. Purtroppo negli anni Novanta, quando ho iniziato a studiare, l’Algeria era divisa tra salafiti e Fratelli Musulmani, ovvero da un lato c’era la visione wahabita, saudita dell’Islam e dall’altro il teologismo politico di marca egiziana. Mi sono fatto crescere la barba, ho frequentato moschee, ho studiato in scuole coraniche, ho imparato il Corano a memoria, ho digiunato, ho pregato. Insomma avevo solo un’idea in testa: diventare imam. Poi, a 17 anni, ho scoperto di essere omosessuale ed è stato il buio».

Com’è riuscito a conciliare omosessualità e Corano?

«Ci ho messo più di dieci anni. Prima di ritornare all’Islam ho deciso di fare una pausa. Ho smesso di fare il Ramadan, mi sono distaccato dalla religione. All’epoca non riuscivo a vedere la differenza tra Islam politico e spiritualità islamica. Per capirne di più ho studiato e ho conseguito un dottorato in psicologia. Così ho scoperto la potenza dei fenomeni psicologici e sociologici e sono giunto alla conclusione che non esiste un “fenomeno sociologico” di nome Islam ma la comunità dei musulmani. Esiste cioè anche un Islam laico, non clericale, non istituzionale, un Islam che sta dalla parte del popolo e non delle élite oscurantiste e dogmatiche. Nel Corano l’omosessualità non è mai citata. Purtroppo altri versetti che non citano l’omosessualità ma lo stupro rituale – inventato all’epoca di Sodoma e Gomorra, nella civiltà mesopotamica, come conferma anche Erodoto – sono stati utilizzati fuori dal contesto per arrivare ad aberrazioni come quelle che hanno luogo in Arabia Saudita o in Iran, dove gli omosessuali sono giustiziati o decapitati».

Cos’è che non va nell’Islam odierno?

«Manca la componente spirituale. Per questo motivo mi avvicinai al buddhismo. Ma anche in quella religione trovai una visione poco piacevole: monaci, in Birmania, che massacravano musulmani, un ruolo della donna subalterno, l’omosessualità avversata. Alla fine anche il buddhismo mi sembrava simile a quell’Islam che mi era stato insegnato: misogino e patriarcale. Col tempo mi sono reso conto che esistevano due visioni nell’Islam: una patriarcale, ideologica e politica e l’altra spirituale ed emancipatrice ed è quest’ultima che ho deciso di percorrere».

Come spiega l’associazione tra Islam e violenza?

«Tutte le religioni hanno una componente di spiritualità e una di violenza. Lì dove poi c’è povertà e guerra ritroviamo omofobia, superstizione. Come spiegano certi sociologi e psicologi sociali il problema risiede proprio nei conflitti: la gente si sente in pericolo e si aggrappa a valori patriarcali, difende la tribù, s’identifica con un capo e trasforma gli uomini in guerrieri. Così la rappresentazione dell’Islam che ne viene fuori è di tipo militare, come nel caso del jihadismo. Il problema oggi è che la maggior parte delle persone che parla o agisce a nome dell’Islam lo fa da un punto di vista prettamente ideologico e politico. Lo fa cioè veicolando fascismo e totalitarismo, nella sfera pubblica e in quella privata».

Per il suo operato riceve minacce?

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Fonte | pagina99.it