Il matrimonio egualitario è un dovere per lo Stato

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Lo dice la Costituzione. Felicità è autodeterminazione

Nel vespaio di polemiche suscitate dalla discussione politica riguardante le unioni civili, si sente spesso parlare di matrimonio egualitario. Ma ci siamo mai chiesti se il matrimonio egualitario è un diritto fondamentale dell’individuo o un capriccio di qualche “gufo” allo sbaraglio? Cominciamo a capirne di più partendo dal concetto di “felicità”

Il diritto alla felicità nella storia
Facciamo subito una doverosa precisazione: il diritto alla felicità viene già enunciato non solo nella dichiarazione di indipendenza americana, ma il fine della “felicità di tutti” viene prepotentemente alla ribalta nella dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789. Dichiarazione che ha rappresentato il primo documento costituzionale della rivoluzione francese. Successivamente, a seguito del cammino storico della società occidentale la parola felicità ha subito una battuta di arresto nell’evoluzione del dibattito politico/costituzionale.

I diritti fondamentali
Esistono diverse tipologie di diritti e si tende spesso a confondere i diritti del cittadino con quelli dell’individuo. Diritti che spesso, ma non sempre, sono coincidenti.

I diritti fondamentali sono quelli che si estendono ben oltre ai cittadini, ovvero che appartengono, universalmente, a tutti gli esseri umani in quanto tali; a tutti i soggetti dotati dello status di persone, indipendentemente dalla propria cittadinanza.

Questi diritti vengono cioè riconosciuti “erga omnes”.

Con la locuzione “diritti soggettivi” si intende qualunque aspettativa positiva (intesa anche come prestazione) o negativa (intesa come non lesione o protezione) appartenente, o più precisamente ascritta, ad un individuo da una norma giuridica positiva.

Generalmente sono considerati e tutelati quali diritti universali e, pertanto, fondamentali, il diritto alla vita, la libertà personale, la libertà di pensiero, i diritti politici, i diritti sociali e simili.

Autodeterminazione, liberalismo e paternalismo
Per definire e cercare di capire quali siano i compiti, nonché doveri, dello Stato finalizzati alla realizzazione e protezione dei diritti dei propri cittadini, dobbiamo richiamare quello che è un punto fermo, un vincolo fondamentale dello stato moderno posto in essere dal costituzionalismo: il principio dell’autodeterminazione dell’individuo. Principio che nasce fondamentalmente dal liberalismo, matrice filosofica che si pone in antitesi con il “paternalismo”; con quella concezione, cioè, per la quale lo stato o meglio, chi governa, dovrebbe provvedere, tra le altre cose, alla felicità dei governati i quali, in questa visione, sarebbero incapaci di realizzare la felicità “motu proprio”, con l’atteggiamento, appunto, del padre verso i propri figli “ignoranti” del funzionamento reale della vita. Concezione che considera anche i governanti quali portatori della verità, verità unica ed indiscutibile.
La filosofia sottesa al liberismo e, pertanto, al costituzionalismo, attribuisce allo Stato, ben lontano dalla concezione paternalistica appunto, la funzione di garantire senza alcuna interferenza la libertà delle scelte di vita dell’individuo. Deve garantire cioè che nella determinazione della propria esistenza l’individuo goda della più completa autonomia:

«Nessuno mi può costringere – scrive Immanuel Kant – ad essere felice a suo modo (come cioè egli si immagina il benessere degli altri uomini) ma ognuno può ricercare la sua felicità per la via che a lui sembra buona, purchè non rechi pregiudizio alla libertà degli altri di tendere allo stesso scopo, in guisa che la sua libertà possa coesistere con la libertà di ogni altro secondo una possibile legge universale (cioè non leda questo diritto degli altri)»

Il dovere dello Stato
Secondo il costituzionalismo moderno, il dovere dello Stato sarebbe di evitare di promulgare o porre in essere norme, provvedimenti o regolamenti che precludano, senza una sottesa ragione giustificatrice, la ricerca e la realizzazione della felicità individuale, ovvero, mutuando un’altra definizione kantiana: “felicità è l’appagamento di tutte le nostre inclinazioni”.
Insomma, determinare in che cosa debba consistere, nel concreto, la felicità individuale e come conseguirla non è compito né dello Stato né di altri soggetti pubblici.

Il diritti alla felicità nella Costituzione Italiana
Nella Costituzione italiana l’articolo 2 e, più specificamente, l’articolo 3, impongono allo Stato l’obbligo di porre in essere tutto il possibile affinché vengano rimossi gli eventuali ostacoli che si frappongono al suo raggiungimento:

«È compito della Repubblica – recita l’articolo 3 – rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana».
Norberto Bobbio spiega bene che “La Costituzione Italiana è una costituzione ispirata a ideali liberali, integrati da ideali socialisti, corretti da ideali cristiano-sociali”.
Appare chiaro che in un simile contesto la formulazione “pieno sviluppo della persona umana” altro non è che una ulteriore forma, molto “politica”, per sancire il diritto alla felicità.
In ultima analisi, la felicità, o meglio il tentativo del suo raggiungimento da parte dei singoli individui, altro non è che la ratio, il fine ultimo, dei diritti costituzionali e, pertanto, da ciò si evince chiaramente che il diritto alla felicità è implicitamente enunciato dalla carta costituzionale italiana.
Rispettare la vita privata significa anche permettere a ciascun individuo di cercare di realizzare i propri sogni, di non rinunciare alla felicità nelle forme in cui ciascuno la identifica, di decidere personalmente circa qualsiasi aspetto del proprio cammino.

Il matrimonio egualitario nello scenario della felicità
Prendiamo in esame il fatto che, alcuni individui, considerino il matrimonio come indispensabile passaggio (o traguardo) per il raggiungimento della propria felicità. Appare dunque chiaro che, all’interno della nostra Costituzione, nulla osta al matrimonio egualitario, anzi, è la lettura stessa della carta Costituzionale che incentiva il legislatore a farne una questione di uguaglianza.

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Fonte | lgbtnewsitalia.com