Sconfiggere il pregiudizio si può – Il messaggio del film “Nè Giulietta nè Romeo”

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di Nadia Germano

Voglio dire ai genitori che hanno una figlia come la mia, una stella…, che è bello vedere una figlia felice e realizzata, dopo un percorso lungo e doloroso” – questo il messaggio lanciato dal palco del Teatro della Posta Vecchia ad Agrigento dalla signora Biondi, madre di Tiziana Biondi, presidente dell’associazione Stonewall GLBT di Siracusa. Una testimonianza ferma ed emozionante che ha animato il momento di dibattito seguito alla proiezione del film “Né Giulietta né Romeo”, pellicola uscita nel novembre dello scorso anno, che affronta il tema dell’omosessualità nel mondo degli adolescenti, il loro rapporto, spesso controverso con i genitori e con la società giudicante ed impietosa. Il film, che segna il debutto alla regia dell’attrice Veronica Pivetti, è stato proiettato il 20 novembre scorso nel corso di una serata ideata e condotta dall’attore  Luigi Tabita, da sempre in prima linea nella lotta per i diritti civili e pari opportunità e organizzata dal Circolo Culturale ARCI “Danilo Dolci” di Agrigento, dal Gruppo 283 di Amnesty International e dal Giacinto Festival – Nature LGBT e dall’associazione d’iniziativa Gay Lesbica Bisex e Trans “Stonewall” di Siracusa.

Un messaggio d’amore e di speranza quello lanciato da parte di mamma Biondi, non soltanto al numeroso pubblico intervenuto per l’occasione ma idealmente a tutti i genitori e le persone che a vario titolo si confrontano e rapportano con un figlio, una figlia, un familiare o un amico/a che ad un certo punto della propria vita decide o trova il coraggio di manifestare la propria omosessualità.

Un percorso duro e non privo di sofferenza” – racconta ancora mamma Biondi – “perché il pregiudizio è duro a morire, oggi come in passato e molti ragazzi, purtroppo, non vengono accettati dai propri genitori perché manifestando la propria omosessualità sono ritenuti “sbagliati”, non più aderenti al modello di figlio/a che papà e mamma avevano pensato per loro”.

È molto importante essere accettati dai propri genitori, capire di avere il proprio sostegno, qualsiasi sia il proprio orientamento sessuale e io in questo sono stata fortunata” – aggiunge alle parole della madre e non senza emozione Tiziana Biondi, forte della propria ventennale esperienza di educatrice ed attivista per i diritti civili. “Ho incontrato molti ragazzi e ragazze ma anche adulti, meno fortunati di me, – continua Tiziana – il cui percorso di vita è stato pesantemente segnato dalla sofferenza causata, prima di tutto dalla mancata accettazione da parte della propria famiglia d’origine e poi a cascata anche dal disprezzo e dall’intolleranza dimostrate dalla società. Ma se ci pensiamo bene, – continua – non sono i genitori da colpevolizzare ma un certo tipo di educazione che hanno ricevuto, una serie di principi, credenze e concetti figli di una cultura retrograda ed intollerante. Non è vero che oggi nella società non è cambiato nulla rispetto al passato, – spiega ancora Tiziana – ma ancora c’è molto da fare e noi genitori, volontari, insegnanti ed educatori abbiamo una grande responsabilità, quella di entrare nelle scuole di ogni ordine e grado per parlare con bambini e bambine, ragazzi e ragazze e fare sensibilizzazione ed educazione all’affettività ed al rispetto delle differenze”.

Azioni che sono diventate urgenti, – aggiunge Veronica Pivettiladdove, da decenni, nel nostro Paese si riscontra una regressione nella difesa dei diritti e delle pari opportunità nei confronti delle donne. Sentire che la concezione di famiglia passa dal “Family day”, quella di libertà femminile dalla messa in discussione della legge 194 e dal femminicidio e poi pensare che tutto questo era stato ampiamente superato con le lotte degli anni ’70, quando ci si interrogava anche sulle diversità, a me fa un po’ impressione, allora penso che ci sia qualcosa che non va, qualcosa abbiamo sbagliato perché la regressione c’è stata!”.

Queste alcune delle testimonianze a caldo nel corso della serata ma facciamo un passo indietro parlando del film “Né Romeo Né Giulietta” e alla sua stesura. Dopo il successo della fortunata serie tv “Provaci ancora Prof” Veronica Pivetti sceglie ancora di raccontare il mondo dei giovani, affrontando anche il tema dell’omosessualità con la consueta ironia e grande delicatezza che la contraddistingue. Tutto rose e fiori? No certamente! A cominciare dalla difficoltà della mamma del protagonista, il sedicenne Rocco, nella scoperta e nella conseguente non accettazione dell’omosessualità del figlio…

Abbiamo scelto la commedia per parlare di questi argomenti attraverso due personaggi come Romeo e Giulietta, gli innamorati per antonomasia, – racconta Pivetti – una classica coppia composta da uomo e donna, figure socialmente e moralmente accettate, – spiega – che però, non identificano ciò che si sente di essere il nostro giovane protagonista, che in una società ancora di fatto etero normata non risulta una figura “prevista” ecco il perché della doppia negazione del titolo”.

“Abbiamo lavorato quattro anni per la realizzazione di questo film il cui soggetto mi fu sottoposto all’inizio come attrice. Dopo averlo letto, – racconta ancora Pivetti – l’ho trovato molto divertente e allo stesso tempo mi sono resa conto che sarebbe stato molto importante raccontare questa storia nel nostro Paese e per questo ad un certo punto ho realizzato che dovevo fare un azzardo, così, dopo una serie di esperienze con i cortometraggi, ho deciso di affrontare la regia”.

Una scelta quanto mai felice quella della regista e attrice milanese che con la sua pellicola sfida il pregiudizio e i benpensanti, e lo fa raccontando la storia di una famiglia “normale” lontano da immagini stantie e stereotipate che una certa cultura misogina e retrograda continua a propinarci, ma che ovviamente non hanno nulla a che vedere con la vita reale di ciascuno di noi.

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