LA DITTATURA DI GENDER E LA PATENTE A PUNTI ETEROSESSUALE

Sentinelle-in-piedi

 

Devo ammetterlo: quando ho letto la notizia delle Sentinelle in Piedi in azione a Milano per combattere la dittatura di gender sono stata molto contenta. “Non si può rischiare che la Terra venga ridotta ad essere un invivibile cumulo di macerie radioattive come accaduto con il pianeta S1″, ho subito pensato. Poi mi hanno spiegato che la dittatura è di gender, non di Gattler e che questa è la mia vita, non Baldios – L’invicibile guerriero dello spazio.

Ho deciso dunque di documentarmi al meglio e di capire contro cosa stessero combattendo le Sentinelle in Piedi, la CEI o l’Associazione Genitori Senza Meglio da Fare nella Vita. Ho dunque capito che la cosiddetta dittatura di gender si configura come tutti quegli atti e strumenti educativi volti nelle scuole a combattere l’omofobia, il bullismo e gli stereotipi di genere. Cioè, questo è il punto di vista di quelli che fanno la fila per comprare il prossimo album dei Radiohead, impacchettato direttamente nella porchetta di Ariccia in segno di ribellione contro lo strapotere delle major discografiche.

Dal punto di vista della resistenza intergalattica a questa nuova forma di tirannia, in realtà quella del gender è una dittatura che vuole i bimbi a risolvere problemi di aritmetica con le lesbiche che comprano i cetrioli al mercato, o le famiglie vedersi recapitare moduli in cui, al posto delle diciture madre e padre, compaiono quelle più neutre di genitore che porta i soldi a casa e genitore dedito all’alcool. No no, ma cosa credete? Io sono d’accordo con i vari Bagnasco, qua si rischia di volere cambiare con la forza quello che è scritto nelle leggi della natura! Io non voglio vivere in un mondo dove il ragazzino più effeminato della classe sia rispettato dai compagni, o in uno in cui una quarantenne con un lavoro ma senza figli e marito non debba sentirsi in colpa e sprecata. Così mi si incasinano gli stereotipi su ciò che è considerato maschile e femminile e io odio il disordine: voglio dire, ho messo in dispensa le spezie in ordine alfabetico, senza peraltro nutrire il minimo dubbio che ciò possa minimamente influire sulla mia vita sentimentale.

Comunque sia, se l’ideale è giusto, la strategia con cui lo si sta portando avanti è assolutamente sbagliata. Non andiamo da nessuna parte con queste iniziative in stile campagna elettorale de L’Altra Europa per Tsipras come la lettura della Bibbia in piazza. Ci vogliono proposte forti, qualcosa che si contrapponga alle fiabe sui pinguini gay impegnati in qualche avventuroso viaggio dal Polo Sud alla Milano Fashion Week propinate a scuola dagli ideologi del gender. Be’, quella proposta io ce l’ho: la patente a punti eterosessuale. Si tratterebbe semplicemente di un documento da affidare a docenti e genitori tramite cui indirizzare al meglio i pargoli verso ciò che la società vuole da loro, senza che quella fricchettona con i bonghi chiamata coscienza possa mai riuscire a distrarli dalla retta via verso quell’eden chiamato normalità. Divisa in sezioni, tramite un sistema basato su un punteggio che va da zero a dieci, sarà possibile stabilire il grado di eterosessualità di una persona e, in caso di punteggio basso, intervenire prima che sia troppo tardi. Le sezioni saranno le seguenti:

Sport: I bambini saranno indirizzati a fare calcetto fin da piccoli per poi giocarlo per il resto della propria vita, finché non stramazzeranno al suolo per un infarto sul prato sintetico della partitella del giovedì con i colleghi. In alternativa, vanno benissimo attività sportive di sicura accettazione sociale come il basket, il rugby o le arti marziali. Attenzione se non amano fare sport. Anche se non vuole dire necessariamente la catastrofe, può significare che un giorno il vostro pargolo si possa laureare in Fisica indirizzo Monoporzioni per single. Drizzate bene le orecchie se vostro figlio invece vuole fare pallavolo, perché la pallavolo è lo sport che invece devono fare le bambine per essere considerate tali, o danza se sono particolarmente leziose. Non sono ammesse alternative, in quanto tutti gli altri sport fanno perdere troppi punti alle vostre fanciulle. Non vorrete mica crescere delle judoka con il mascara squagliato sulle guance perché l’ennesimo uomo le ha preferito una che faceva danza dopo la scuola, vero? Allarme rosso se vostra figlia vuole fare calcio, il rischio che a quattordici anni già somigli a Justin Bieber ai tempi del primo album è altissimo.

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Fonte | diecimila.me